Il Biviere di Gela è un lago costiero incassato tra le dune del golfo, ad appena un chilometro e mezzo dal mare, dal quale, in passato, era in gran parte alimentato. Compreso tra Gela (da cui dista otto chilometri) e il fiume Dirillo, si allunga parallelamente alla linea di costa per circa due chilometri in direzione nord-ovest sud-est, occupando un’area di 120 ettari. Largo da 150 a 600 metri ha un perimetro di circa sei chilometri, una profondità massima di sei metri ed una capacità di oltre cinque milioni di metri cubi.
Tali dati, tuttavia, sono alquanto indicativi, vista la forte escursione volumetrica alla quale è soggetto a causa del suo utilizzo a fini irrigui. In tal senso, infatti, il Biviere ha subito nel tempo imponenti interventi tendenti alla sua trasformazione in bacino artificiale tramite costruzione di argini e canali che vi hanno convogliato le acque dei torrenti Monacella e Ficuzza e di parte del fiume Dirillo. Le variazioni in volume si traducono in vistose modificazioni in estensione e perimetro dello specchio d’acqua provocando altresì sbalzi di salinità dell’ordine di 1-2 grammi per litro. Tutto ciò influisce sulle comunità vegetali e animali sottoponendole a repentine mutazioni ambientali che precludono un qualsiasi tipo di adattamento.
Oltre all’alterazione dei fattori fisici e chimici, si è avuta una variazione della stessa fisionomia paesaggistica del lago ad opera delle bonifiche che ne hanno decurtato alquanto la superficie, e delle colture sviluppatesi fin a ridosso delle sponde. Anche la vegetazione è cambiata per l’inserimento di nuove specie usate come frangivento che hanno finito per imporsi su quelle originarie. L’azione antropica ha prodotto effetti anche sulla fauna.
Oggi, visitandolo, è facile vedere la garzetta, l’airone, il cavaliere d’Italia, il cormorano, l’avocetta e molte altre specie del vastissimo patrimonio ornitico stanziale e migratorio di quest’area umida. Sul piano ecologico va distinta una vegetazione lacustre, legata all’ambiente acquatico, ed una litorale più esterna. La prima annovera idrofite tutte o in parte sommerse come i potamogeti (potamogeton pectinatus, P.natans) e il ceratofillo (Ceratophyllum demersum), tipiche di acque calme e calde. Sulle rive, sempre strettamente in rapporto con l’acqua si riscontrano elementi dello Scirpeto-Fragmiteto con tife e scirpi all’interno e cannucce di palude più arretrate in quanto meglio tolleranti gli abbassamenti di livello. Addossata alla suddetta associazione sta la canna comune (Arundo donax) che forma una cintura discontinua da tempo preposta dagli agricoltori come frangivento; sporadicamente si riscontra la rara canna egiziana, di sicura introduzione, facilmente riconoscibile per i culmi pieni.
La vegetazione litorale è in gran parte costituita dal tamariceto con due specie di tamerici (Tamarix gallica, T. africana) che nella cosiddetta “zona degli acquitrini”, forma una intricata boscaglia periodicamente allagata, habitat ideale per la nidificazione di molti uccelli. Tra la componente erbacea merita menzione il giunco pungente (Juncus acutus) che forma densi cespugli, e il panico strisciante (Panicum repens), una graminacea tipicamente igrofila presente al Biviere in modo consistente.